Theodor Adorno Video
filosofo, sociologo, musicologo e musicista tedesco
- pianoforte
- musica classica
- Stati Uniti d'America, Germania, Impero tedesco
- filosofo, compositore, musicologo, sociologo, professore universitario, critico letterario, critico musicale, aforista, pianista, scrittore, accademico, esteta
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Ultimo aggiornamento
2024-04-27
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Vaghi Adorno Alessandra Marianelli Gioacchino Rossini Berman Osterc Bach 2016
Provided to YouTube by NAXOS of America Il viaggio a Reims: Scene 3: Di vaghi raggi adorno (Cortese, All Others) · Alessandra Marianelli Rossini: Il viaggio a Reims (Live) ℗ 2016 Naxos Released on: 2016-06-10 Artist: Alessandra Marianelli Artist: Olesya Berman Chuprinova Artist: Baurzhan Anderzhanov Artist: Lucas Somoza Osterc Choir: Poznań Camerata Bach Choir Conductor: Antonino Fogliani Orchestra: Virtuosi Brunensis Composer: Gioacchino Rossini Auto-generated by YouTube.
Jan Kopp John Cage Bloch Schubert Rolle Adorno Broch Stockhausen 1320 1340 1430 1532 1707 1738 1833 1910 1961 2021
Gespräch mit Jan Kopp über "offen. 31 Farben der Hoffnung" (2021) für Mezzosopran, Männerterzett, Klarinette, Violoncello und Klavier Kompositionsauftrag des KlangForum Heidelberg e.V. SCHOLA HEIDELBERG ensemble aisthesis Leitung: Ekkehard Windrich Aufnahme am 04. Juli 2021 im BETRIEBSWERK, Heidelberg Nachgespräch (Stuttgart 10/2021) und Editing: J. Marc Reichow Eine Produktion des KlangForum Heidelberg 2021./ TIMESTAMP 00:00 Jan Kopp - Gespräch über "offen" (2021) 01:12 Was ist "offen" - was wäre "geschlossen"? 03:22 "offen. 31 Farben der Hoffnung" - über Titel und Untertitel 04:35 Hörperspektive und Darstellungsformen von "offen" 05:15 "offen"heit und Medialität 05:50 Rahmen und Besetzung/en 07:20 Wie aber baut man das nur virtuell vorhandene Ganze? 08:00 31 Teile und die Pragmatik des Spiel(en)s 09:42 Besetzung, Stimmen, Gruppen 10:52 "Selbstverwirrung" als Teil der kompositorischen Herausforderung 11:05 Rekurs: Genese der Formidee. 12:38 "offen"heit als Fehlen kompositorischer Formkriterien 13:20 Konsequenzen aus dem Fehlen kompositorischer Formkriterien: 13:40 Erste Konsequenz: Eigenständigkeit der 31 Teile als "Miniaturen" 14:30 Weitere Konsequenz: Eigenständigkeit UND Anschlussfähigkeit der 31 "offenen" Miniaturen 15:32 Beispiel einer Kontinuitätsstrategie: Anschlusstöne 17:07 "offenes" Komponieren: Ahnung statt Planungssicherheit 17:38 Gespür für den gesamten Möglichkeitsraum bei Kontrollverlust 18:33 "offener" Musikbegriff bei John Cage im Vergleich 19:10 "offene" Form und Verzicht auf erweiterte Klanglichkeit 21:55 zur Frage der Ebenen: Klang, Material und Konnotation 22:35 zur Frage der Ebenen: Stimme/n und Instrumente (KlangForum) 23:09 zur Frage der Ebenen: Hintergrund Ernst Bloch 23:30 zur Frage der Ebenen: Implikation spezifischer Besetzung/en 24:19 zur Frage der Ebenen: Kombinatorik von Subbesetzungen 25:54 zur Frage der Ebenen: Schuberts Lied "Hoffnung" (Schiller) D.637 26:30 Historisches Zitat als Zusammenhangstrategie 27:30 Musikalische Zitatebene: Schuberts Lied "Hoffnung" (Schiller) D.637 31:15 Textebene Hoffnung 1 - Schiller (Schubert) 32:15 Textebene Hoffnung 2 - Ernst Bloch, Lang gezogen 33:05 Begegnung der Textebenen - Bloch und Schiller 33:50 Begegnung der Textebenen in der Musik 34:40 Textebenen und Linearität 35:45 "offene" Gewichtung der Ebenen 36:45 zur Ko-Inzidenz: Komposition während der Pandemie 37:44 zur Ko-Inzidenz: Präsentationsformen von Musik in der Pandemie 38:29 Ernst Bloch: Herausarbeiten der Utopie aus einer historischen Situation 39:53 Autobiographischer Exkurs: Der Komponist als Zeichner und die Rolle des Informel 40:43 Autobiographischer Exkurs (Fs.) - Informel und Utopie 41:00 Theodor W. Adorno: Vers une musique informelle (1961) 42:00 Exkurs (Fs.) - Informel und Utopie. 43:32 Exkurs (Fs.) - Uneindeutigkeit geometrischer Ausrichtung im Informel 44:20 zur Parallelität und Wechselwirkung von Zeichnen und Komponieren 45:45 "offen"heit im zeichnerischen Arbeitsprozess: anschuliche Beispiele 47:45 zur Parallelität und Wechselwirkung von Zeichnen und Komponieren (2) 49:50 "offen" als Möglichkeitsraum von Formen 50:10 "... ausprobieren ..., was stimmige Formbildung ist, und was nicht!" 50:25 "... beobachten, wie Form eigentlich entsteht." 50:41 Formmetaphern jenseits der Architektur: Mobile und Kaleidoskop (Broch) 51:40 zu "offenen" Formkonzepten von Stockhausen und Spahlinger 54:13 "... bei meiner Idee, für "offen" Abläufe zu kuratieren, spielt die Idee des Zufälligen keine Rolle" 54:40 Rolle der Zuhörer: Partizipation? Kuratieren? 54:58 "... ein partizipatives Angebot, an der Entstehung der Form mitzuwirken ..." 55:30 Interpretieren als Kuratieren 55:46 Medial ermöglichte Partizipation der Rezeption 56:38 Zufall und die Möglichkeit formalen Scheiterns 57:45 "... am Objekt studieren, wie Form entsteht." 58:10 zur Externalisierung kompositorischer Entscheidungen 58:20 "offene" praktische Fragen 59:33 Beifang: neue Aspekte von Digitalität 1:00:08 Übergänge ins Digitale
Armin Schibler Jean Louis Beaumadier Frey Willy Burkhard Benjamin Britten Edmund Rubbra Michael Tippett Wolfgang Fortner René Leibowitz Adorno 1920 1942 1944 1945 1948 1953 1986
flute piccolo JEAN-LOUIS BEAUMADIER piccolo (http•••) After attending high school in the town of Aarau, he studied music under Walter Frey and Paul Müller in Zurich. From 1942 to 1945, he was the pupil of Willy Burkhard. He later went to England to perfect his training where he would meet notable contemporaries Benjamin Britten, Edmund Rubbra and Michael Tippett. In 1948 and 1953, Schibler attended the Summer Courses at Darmstadt, where he met and worked with Wolfgang Fortner, Ernst Křenek, René Leibowitz and Theodor W. Adorno. From 1944, he was the professor of music at the Zurich Literary School. flute piccolo
Pasqualini Legge Adorno Amato Volti Cinquecento
A una passante (trad. Antonio Prete) La strada era assordante, urlava tutt’intorno. Esile ed alta, in lutto, regina dolorosa una donna passò, con la mano fastosa sollevando il vestito, di trine e balze adorno. Leggera, nelle gambe una scultorea grazia. Negli occhi suoi, cielo ove s’annuncia l’uragano, bevevo, come quello ch’è fatto ossesso e strano, la dolcezza che incanta, il piacere che strazia. Un lampo… poi la notte! Bellezza fuggitiva, che con un solo sguardo la vita m’hai ridato, non ti vedrò più dunque che nell’eterna riva? Altrove, in lontananza, e tardi, o forse mai! Non so dove tu fuggi, tu non sai dove vado, io t’avrei certo amato, e tu certo lo sai! ''Ci sono alcuni versi, in tutte le lingue, che sembrano vivere di luce propria. E sembrano compendiare nel loro breve respiro la vita del prisma cui appartengono.Con un solo verso un poeta può mostrare il doppio nodo che lo lega al proprio tempo e al tempo che non c’è, all’accadere e all’impossibile. In un verso, in un solo verso, un poeta può rivelare il suo sguardo, in grado di rivolgersi all’enigma che è il proprio cielo interiore e al movimento delle costellazioni, alla lingua del sentire e del patire di cui diceva Leopardi e all’alfabeto degli astri di cui diceva Mallarmé. Un verso, un solo verso, può essere il cristallo in cui si specchiano gli altri versi che compongono un testo. Per questo da un verso, da un solo verso, possiamo muovere all’ascolto dell’intera poesia. “Un éclair…puis la nuit! –Fugitive beauté”. È un verso dei Fiori del male, apre la prima terzina del sonetto dedicato A una passante. Sul fondo, la folla metropolitana. Siamo nella Parigi “capitale del XIX secolo”, come la definirà Walter Benjamin, nella Parigi che da poco ha aperto i grandi boulevards. C’è, dunque, la folla, con il suo fluire scomposto, ininterrotto, volti e volti come privi di sguardo, di direzione, privi di reciproca conoscenza. Tutt’intorno, il rumore della strada. Ma ecco su quel rumore, su quel labirinto di vite e di cammini, uno stacco improvviso, il balzo di un’immagine, una sola immagine, che allontana di colpo la grigia anonimia della folla. Una donna passa nella strada, con un gesto solleva l’ampia veste orlata. Elegante, nell’incedere ha un che di regale, ma di una regalità dolorosa, in lutto. Compostezza, grazia, enigma. C’è un verso col quale il poeta mostra insieme il movimento e la seduzione. Lo dico nella mia traduzione: “Leggera, nella gambe una scultorea grazia”. Ed ecco gli occhi della passante. Che sono come un cielo in cui sta per scatenarsi l’uragano. Gli occhi come cielo, gli occhi che riflettono il cielo visibile, ma anche il cielo nascosto, il cielo interiore: un motivo che viene da lontano, viene da Dante, da Petrarca, dai poeti del Cinquecento francese come Pierre Ronsard o Louise Labé, e giunge a Baudelaire. Gli occhi come un cielo, con il suo azzurro, i suoi crepuscoli, le sue ombre. In questo cielo degli occhi femminili si può naufragare come in un mare tempestoso. Ma ecco il nostro verso, cuore e punto di irradiazione di tutto il sonetto:Un éclair…puis la nuit. Fugitive beauté… (Un lampo, poi la notte. Bellezza fuggitiva…) Un verso alessandrino, dunque con la cesura tra i due emistichi, qui dilatata dal punto, un verso che viene dal teatro, da Corneille, da Racine, da Molière, e che Baudelaire ha sottratto alla scenica eloquenza per riempirlo di tutti i toni del sentire, dall’indignazione alla dolcezza, dall’immaginazione dell’altrove all’energia del ricordo, dal grido alla bestemmia, dalla confidenza al gelo della solitudine... Il “lampo” – l’ éclair - degli occhi segna il salto dall’anonimia all’incontro. In quel lampo la luce di un’apparizione inattesa, sorgente di stupore. “Un lampo…poi la notte!”. In questo accostamento – il lampo, la notte - sono messi a confronto la luce e l’oscurità, la presenza e l’assenza, l’apparizione e il suo svanire. Sullo sfondo c’è il passaggio della folla, e il lampo cancella la folla, e mostra l’istante, quell’istante che la fotografia, la nuova arte della modernità, cattura e fissa in immagine. La fotografia sulla quale Baudelaire è stato tra i primi a scrivere... Nella notte che sopravviene, il turbamento provocato dall’immagine si trasforma in rinascita, il fuggitivo si trasforma in una presenza da custodire , oltre la sua sparizione. La passante appartiene ormai all’ interiorità del poeta. Resta con lui, pur essendo già stata inghiottita dalla folla. È la nuova presenza... Nel cuore dell’incontro, nel lampo degli occhi, si situa già un addio...E tuttavia proprio in quel momento prende campo l’esperienza forte del tu, un tu che torna rafforzato e ripetuto nell’ultimo verso : Ô toi que j’eusse aimé, ô toi qui le savais. “Io t’avrei certo amato, e tu certo lo sai” . È messa in scena qui l’esperienza di un amore consapevole che l’incontro è avvenuto anche se non ha avuto nessuno svolgimento reale...'' (Antonio Prete) Juliette Binoche al Pont Neuf foto di Robert Doisneau.
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- cronologia: Compositori (Europa). Interpreti (Europa).
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