Jean-Marc Volta Vidéos
clarinettiste français
- clarinette basse, cor de basset, clarinette
- musique classique, musique contemporaine
- France
- clarinettiste, photographe
Dernière mise à jour
2024-06-16
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Daniel Harding Claudio Abbado Berliner Philharmoniker
Roma, 6 mar. (askanews) - Pupillo di Claudio Abbado di cui fu anche giovanissimo assistente presso i Berliner Philharmoniker, Daniel Harding ha nominato moltissime volte il maestro italiano, "il mio idolo", durante la conferenza stampa che lo ha presentato come il prossimo direttore musicale dell'Accademia di Santa Cecilia. Harding, nato in Inghilterra, si trasferì in Germania, ora vive in Francia e da settembre sarà a Roma. "Penso a Claudio Abbado ogni volta che faccio musica. E' stato l'ispirazione e l'influenza più grande della mia vita. In questa orchestra ci sono molti musicisti che ho conosciuto tramite Claudio o che sono stati anche loro molto influenzati da lui quando erano giovani. Siamo tutti parte della famiglia Abbado" ha detto Harding.
Johann Sebastian Bach Carella Pau Casals Christian Ferdinand Abel Robert Schumann Leopold Godowsky 1422 1717 1720 1723 1910 1923
Bach - Suite n. 1 in Sol Maggiore, BWV 1007 (Date: 1717/1723) For Classical Guitar Arranged by Domenico Carella 00:00 1. Prelude 02:24 2. Allemande 06:22 3. Courante 08:34 4. Sarabande 11:52 5. Minuet 1 & 13:04 Minuet 2 14:22 6. Gigue Le Sei suites per violoncello solo di Johann Sebastian Bach sono tra le più note e più virtuosistiche opere scritte per violoncello, e si ritiene generalmente che sia stato Pau Casals a dare loro fama[4][5][6]. Furono scritte fra il 1717 e il 1723 presumibilmente per uno dei violoncellisti che all'epoca lavoravano alla corte di Köthen[7], ma vi sono anche ragioni per supporre che le ultime suites siano state concepite indipendentemente, forse per strumenti diversi dal violoncello[7]. Furono probabilmente composte nel periodo 1717–1723, quando Bach fu kapellmeister a Köthen; l'uniformità e la coerenza di queste opere suggerisce che possano essere state concepite insieme o consequenzialmente, presumibilmente per uno dei violoncellisti di Köthen, come Christian Bernhard Linigke[7] o Christian Ferdinand Abel, assai più noto come gambista[8]. È impossibile stabilire una esatta e precisa cronologia delle suites, non vi sono dati certi riguardo all'ordine con cui furono concepite e/o se fossero state scritte prima o dopo le Sonate e partite per violino solo. In ogni caso, gli studiosi – basandosi su un'analisi comparata degli stili di queste diverse opere – ritengono che le suites per violoncello furono scritte per prime, datandole prima del 1720, l'anno indicato sulla copertina della copia autografa di Johann Sebastian Bach delle Sonate e partite per violino solo.[1][9][10] Queste opere sono particolarmente significative nella storia degli strumenti ad arco: mentre fino al tempo di Bach era consuetudine che il violoncello suonasse parti di accompagnamento e le parti più melodiche nello stesso registro venivano affidate a strumenti della famiglia della viola da gamba, in queste suites, come in parti dei concerti brandeburghesi, al violoncello è affidata una parte da solo. Si può ritenere Bach un innovatore che favorisce il soppianto della viola da gamba, ma alcuni suppongono anche che sia probabile che Bach avrebbe fatto questo perché si trovò in difficoltà nel dare parti virtuosistiche alla viola da gamba.[11] Infatti il principe Leopoldo di Anhalt-Köthen, presso cui lavorava in quel momento, era un gambista e suonava le opere di Bach, ma non era un particolare virtuoso, sicché potrebbe essere risultato difficile dare alla viola da gamba parti complicate, quindi Bach, non avendo la possibilità di scrivere parti complesse per la viola da gamba, avrebbe scritto opere più ambiziose per il violoncello.[11][12] Le suites sono di sei movimenti con la seguente struttura: 1. Preludio 2.Allemanda 3.Corrente 4.Sarabanda 5.Una danza galante – (Minuetti nelle suites 1 e 2, Bourrées nella 3 e 4, Gavot nella 5 e 6) 6.Giga Suite n. 1 in Sol Maggiore, BWV 1007: La maggioranza degli studenti inizia studiando questa suite, infatti generalmente si ritiene che sia più semplice da suonare delle altre in relazione al tipo di preparazione tecnica richiesta. Si articola in 6 movimenti come le altre suites, il quinto movimento è un minuetto. Il preludio ha un disegno ritmico-melodico in semicrome - una successione di accordi arpeggiati con nota di volta - che si mantiene inalterato per tutta la durata del pezzo e che viene trascinato dal disegno armonico. Tale disegno ritmico-melodico viene ripreso molte volte nelle restanti danze della suite e viene ripreso e sviluppato nel maestoso periodo finale del preludio; il preludio non ha dunque solo una funzione introduttiva alle danze ma contribuisce all'uniformità e unità della suite.[44] Sono state fatte trascrizioni delle suites per numerosi strumenti, fra cui viola, contrabbasso, viola da gamba, mandolino, pianoforte, clavicembalo, marimba, chitarra classica, basso elettrico, ukulele, flauto dolce, corno francese, sassofono, clarinetto basso, fagotto, tromba, trombone, euphonium e tuba.[4][52][53] Fra i tentativi di comporre un accompagnamento pianistico alle suites si annovera un notevole lavoro da parte di Robert Schumann, mentre nel 1923 Leopold Godowsky arrangiò le suites 2, 3 e 5 in contrappunto per pianoforte solo. Wikipedia
Abbadia Santi Rotta Tagliaferri Quadri Simoncini Antico Sperati Dev Croce Cinquecento 1788 1887 1915 1953 1989 2009
Abbadia Lariana (LC) - Chiesa Parrocchiale di S. Lorenzo M. - Concerto di 5 campane in Re³ G. Pruneri 1953 - Distesa delle 4 campane minori per la S. Messa prefestiva. Ringrazio molto Diego per la realizzazione del video. La chiesa di San Lorenzo è una chiesa parrocchiale, di dottrina cattolica, situata nel comune di Abbadia Lariana ed appartiene alla diocesi di Como. Collocata in una posizione adiacente alle acque del lago di Como, sul Lungolago, è possibile osservare in essa opere d’arte antiche, come affreschi risalenti al XVII secolo ma anche più moderne. Nel luogo in cui ora sorge la chiesa parrocchiale era presente il monastero di San Pietro, fondato negli anni 770-772 da parte del re longobardo Desiderio, sorta su una preesistente cella del monastero pavese di San Pietro in Ciel d'Oro di regola colombaniana; oltre al fatto che la presenza del lago a fianco dell’edificio non fu motivo di vantaggio per la sua conservazione a causa delle tracimazioni, questo cadde in disuso intorno al XII secolo. Nel XIII secolo l’Ordine dei Padri Serviti si occupò della ricostruzione dell’edificio dedicando la chiesa ai santi Vincenzo ed Anastasio. La costruzione doveva essere decisamente piccola, ad una sola navata, con il presbiterio quadrangolare e il tetto basso costruito utilizzando travi di castagno. Nel 1788 i Padri Serviti si trasferirono a Como nel convento di San Gerolamo e cedettero la chiesa alla parrocchia che la inaugurò come chiesa parrocchiale dedicandola a san Lorenzo al posto della precedente, in cattive condizioni, che si trovava nella località ora chiamata Chiesa rotta. È il 1887 quando si decide, grazie al progetto dell'ingegner Giovanni Maria Stoppani di ampliare il presbiterio con un'abside e di aggiungere due navate laterali che rimarranno però nascoste al celebrante a causa degli ingombranti pilastri che sostengono il tetto, anch’esso alzato e ricostruito. Quest’ultimo non resistette a lungo e l’acqua penetrata causerà il deterioramento delle opere presenti nella chiesa, che richiesero vari restauri. Nel 1915 gli interni furono affrescati da Luigi Tagliaferri che dipinse al centro della volta la scena del martirio di san Lorenzo, i dodici apostoli sui pilastri che sorreggono la volta e la raffigurazione dell’Apocalisse con l’immagine rappresentante la gloria dell’Agnello descritta da san Giovanni nel catino dell’abside. Sono presenti inoltre ai lati dell’altare due quadri del pittore Buzzoni raffiguranti la vita di San Lorenzo. Nel 1989 infine fu costruito il fonte battesimale dallo scultore Fulvio Simoncini. Il manufatto fu portato dalla vecchia chiesa, in cui era presente un altare dedicato al crocifisso, fino all’abbazia dei serviti dopo la ricostruzione del 1887; la tradizione lo considerava molto antico, dal modo in cui si presentava infatti poteva essere considerato di epoca quattrocentesca o almeno risalente al cinquecento. Per questo motivo il restauro, concluso nel maggio del 2009 fu un lavoro che rispondeva anche alla volontà di accertare l’autenticità tramandata appunto dalla tradizione. I risultati non furono però quelli sperati: nonostante le varie ridipinture si è dedotto attraverso vari sondaggi che l’opera, anche se alcune sue caratteristiche possono essere ricondotte a periodi precedenti, dev’essere stata effettuata in epoca ottocentesca, probabilmente utilizzando come modello un esemplare più antico, presente nella chiesa parrocchiale precedente e successivamente andato perduto. Prima del restauro le condizioni del crocifisso erano piuttosto critiche, tanto che le condizioni del viso e del corpo richiedettero un’intera bonifica di struttura ma anche una stuccatura. Si è poi proceduto alla pulitura della statua, al consolidamento e all’integrazione , al ritocco sottotono. Questi passaggi furono applicati anche in modo da eliminare i guasti prodotti dalle sellerine che erano state utilizzate con la funzione di fissare al supporto di legno il reticolo delle vene. Anche la croce dorata, sicuramente ottocentesca, fu sottoposta a un’operazione di restauro. I due dipinti di epoca seicentesca, che continuano la tradizione barocca, dovettero essere sottoposti a operazioni di pulitura, consolidamento, rifoderatura, un adatto telaio, di ringranaratura a velatura e di ritocco per le abrasioni e le perdite di colore; possono essere associati ad un artista comasco o milanese anche se in realtà l’autore è ignoto. Essi furono trasportati dall’antica chiesa parrocchiale, la “Chiesa Rotta”, così come il crocifisso. (...) Testo tratto da Wikipedia. Se vuoi leggere il resto della storia della Parrocchia lascio qui sotto il link: (http•••)
Bach Esteve Christian Ferdinand Abel Pelo 1717 1720 1723 1724
As suítes de J.S. Bach para violoncelo solo muito provavelmente surgiram por volta de 1720, supõe-se que Bach trabalhou nas suítes no período em que esteve empregado como mestre de capela na corte do príncipe Leopoldo de Anhalt-Cöthen, do outono de 1717 à 1723, durante esse período ele experimentou as várias formas da música instrumental, contando com excelentes músicos a sua disposição, não se sabe exatamente para quem J.S.Bach compôs suas suítes para violoncelo solo, ele contava com o gambista da capela da corte de Cöthen, Christian Ferdinand Abel, entretanto, mesmo com a similaridade entre esses instrumentos, seria mais natural considerar que ele compões para o violoncelista da capela da corte, Christian Benrhard Li. O uso de um violoncelo de cinco cordas para a suíte número 6 sugere que essa obra tenha nascido em uma data posterior, além deste instrumento o violoncelo piccolo também poderia ter sido planejado para essa peça, embora este instrumento não tenha sido usado por Bach antes de 1724. Por fim, o movimento interpretado pelo violoncelista Rodolpho Borges da OSTNCS é a Gigue, um movimento de dança alegre e animado que originou-se nas ilhas britânicas e logo se tornou popular dentro desse contexto histórico.
ou
- chronologie: Interprètes (Europe).
- Index (par ordre alphabétique): V...